Verona, città omofoba per decisione politica

10.1.22 – Articolo di Andrea Nicolini

Nei giorni scorsi l’UNAR, (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), ha scritto una lettera al Consiglio Comunale di Verona auspicando l’immediata revoca di una mozione risalente al 14 luglio 1995, e in vigore ancora oggi, che “impegna l’Amministrazione Comunale a non deliberare provvedimenti che tendano a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie naturali costituite da un uomo e da una donna”. Nella stessa mozione, inoltre, l’omosessualità viene definita “comportamento contronatura”.

La missiva, riporta un comunicato stampa dell’UNAR, è l’inevitabile risultato all’istruttoria aperta presso il Contact Center dello stesso Ufficio. Di seguito riportiamo alcuni brani della nota diramata il 28 dicembre:

“La mozione tuttora in vigore è in palese contrasto con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali ma anche con la Legge 76 del 26 marzo 2016, la cosidetta Legge Cirinnà, che ha introdotto nell’Ordinamento Italiano l’istituto delle Unioni Civili. E’ inacettabile che a quasi 30 anni di distanza” – continua la nota firmata dal direttore dell’UNAR Troamtafillos Loukarells – “il Consiglio comunale di Verona non abbia provveduto a rimuovere quella che è a tutti gli effetti una grave limitazione alla tutela delle unioni omosessuali”.

“Confidiamo – conclude il direttore dell’UNAR – in un positivo e rapido riscontro da parte dell’amministrazione comunale. Sarebbe preoccupante se non si provvedesse a rimuovere un atto amministrativo che evidenzia chiari profili discriminatori rispetto alla normativa vigente”.

A prima vista l’approvazione della mozione in oggetto potrebbe quindi essere il risultato di una rivalsa, comunque inaccettabile, nei confronti della comunità lgbt. In realtà, se prendiamo in considerazione il comportamento delle amministrazioni scaligere capitanate dalla destra e che si sono succedute durante gli ultimi lustri, sembra chiaro che quella votazione era dettata da una posizione ideologica discriminatoria e oscurantista.

 La mozione 336 è la risposta politica e consapevole alla risoluzione A3-0028/94 del Parlamento Europeo che invitava alla rimozione dall’ordine giuridico degli Stati dell’Unione Europea di quelle norme che impedivano la parità di trattamento tra le persone omosessuali e quelle eterosessuali. “Da quanto ne sappiamo – ci ricorda Gianni Zardini – Verona è l’unica città a livello europeo ad essersi dotata di un atto istituzionale finalizzato al respingimento della risoluzione europea”.

Per entrare nel contesto nel quale è maturata l’approvazione della mozione omofoba vale forse la pena rileggere alcuni degli interventi più significativi che hanno accompagnato l’iter consiliare. E’ interessante notare come le dichiarazioni in chiave omofoba siano quasi sempre accostate ad altre che prendono di mira le donne, creando un caleidoscopio nel quale le discriminazioni si sommano creando i presupposti propedeutici all’ideologia della difesa della “famiglia naturale” che, accanto alla negazione di famiglie formate da persone dello stesso sesso, necessità della sudditanza della donna nei confronti dell’uomo.

Prima dell’approvazione della mozione 336, ci spiega Gianni Zardini, presidente del Circolo Pink, il movimento Lgbt veronese aveva denunciato pubblicamente che parte dei finanziamenti a sostegno delle associazioni facenti parte della Consulta delle famiglie erano stati stanziati a favore dell’Associazione in difesa della famiglia e della cultura cattolica, Il responsabile, Palmarino Zoccatelli, direttore anche dell’organo di comunicazione dell’associazione stessa, la rivista “Famiglia e Civiltà”, è ben conosciuto per le sue posizioni profondamente omofobe e sessiste permeate dalla cultura ispirata all’integralismo cattolico.

Elmo Padovani, (Patto Segni), 15.6.1995:

“Si rivela innanzitutto una rivoluzione sociale che non poteva non incidere pesantemente sulla famiglia: L’entrata a pieno diritto nel mondo del lavoro. Ciò ha dato coscienza alla donna di avere gli stessi diritti dell’uomo con due corollari: Il suo riscatto dallo stato di sudditanza nei riguardi dell’uomo (marito) e la fine della preminenza di questi da sempre capo riconosciuto. A questo scenario è da aggiungere una diversa concezione della religiosità…La Fede era una forza, un valore…Ora ha perso di molto il suo significato. L’illuminismo e il Materialismo storico hanno collaborato a portare l’individuo a formarsi una morale ad ususu sui, la quale gli consente il divorzio, l’aborto, la manipolazione genetica, in qualche area l’eutanasia, la visione cioè della vita in chiave egoistica e consumistica. E’ il trionfo dell’individualismo”.

Romano Bertozzo, (Lega Nord), 22.6.1995

“Il brutto, l’osceno, lo schifo è di moda? Lo vogliamo importare qui da noi, per la famiglia? Considerando la nostra cultura e paese di fese altamente cattolica, se vogliono e pretendono la pari conditio (gli uomosessuali), allora dobbiamo farli “capponi” per la tranquillità di tutti. Noi diamo loro l’unione per vivere assieme e loro cedono alla nostra chirurgia i loro attributi…

Vittorio Bottoli, (capogruppo di Alleanza Nazionale ed ex avvocato del noto esponente dell’eversione nera e golpista, colonnello neofascista Amos Spiazzi, 22.6.1995

“Attenzione non inquiniamo, non concediamo sconcezze immorali e contro natura…Nella famiglia ci vuole qualcuno che la deve dirigere ed uno sltanto può dire come devono essere educati i figli. Chi l’ha voluta l’emancipazione femminile?…L’utero è mio e me lo gestisco io e così la donna ha incominciato a lavorare […] Quando la donna rimane incinta perché ha scelto un certo rapporto non si può dire che, visto che è rimasta incinta, vada ad abortire. Lo Stato deve salvaguardre la famiglia, se no quell’innocente disgraziato non ha nessuno che lo difende, questo essere che è vivo e che domani potrebbe essere consigliere comunale…Chi è che gli dice “io ti do la morte”? Lo Stato? Perché? Perché tu hai aperto le gambe e non ci hai pensato in quel momento?…”.

Le minoranze politiche di centrosinistra presenti in consiglio comunale hanno provato, in diverse occasioni a ricucire la ferita provocata. Nei mesi e negli anni immediatamente successivi al voto furono i consiglieri di Rifondazione Comunista Fiorenzo Fasoli e Giorgio Bragaka a provarci. Poi, nel 2013, il capogruppo di Sel De Robertis e quello del Pd Bertucco, riuscirono a far calendarizzare un ordine del gionro dal titolo inequivocabile: “Revoca della mozione n°336 approvata il 14 luglio 1995”. La mozione fu però bocciata dalla maggioranza guidata dal sindaco Flavio Tosi, che non mancò l’occasione di apporre anche il suo voto contrario.

D’altra parte, proprio in quell’anno, e precisamente il 21 settembre, il Comune di Verona patrocinò il convegno “Teoria gender: per l’uomo o contro l’uomo?”, organizzato da diverse realtà appartenenti anche alla galassia dell’associazionismo pro-vita. Per l’occasione Tosi concesse la prestigiosa cornice della Gran Guardia, attorniata dalla protesta dei movimenti Lgbt, ma non solo, provenienti da tutta Italia, che organizzarono presìdi e manifestazioni per tutta la durata dell’iniziativa. Il convegno rappresentò un ulteriore e significativo passo, dopo la mozione 336, nel consolidamento di una vera e propria crociata No-Gender che investì Verona, e la centralità di quell’incontro nella proposizione della “Teoria gender” e della “difesa della famiglia naturale” è stata tale che gli atti della conferenza furono pubblicati in un libro editato l’anno successivo.

Tra il gennaio e il settembre del 2015 furono ben 29 le conferenze e gli incontri No-Gender organizzati sul territorio veronese e la città diventò uno dei palcoscenici principali per la diffusione di messaggi omofobi da parte di personaggi come Massimo Gandolfini, Gilberto Gobbi, Gianfranco Amato e tanti altri.

La necessità di una narrazione “ostinata e contraria”, citando Fabrizio De Andrè, divennero sempre più necessari. Da questo pressante bisogno nascono i dossier antifascisti, che raccontano un ventennio di nefandezze spaziando dal neofascismo, al razzismo, fino all’integralismo cattolico, e provando a raccontare l’intreccio inestricabile tra le diverse culture oscurantiste.

Nell’aprile del 2015 nasceva a Verona la “Comitata Giordana Bruna” contro l’egemonia catto-fascista, e sulla cui pagina facebook stava scritto: “Siamo un gruppo di persone che da sempre si battono per l’affermazione dei diritti di cittadinanza. Siamo gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, donne femministe e uomini eterosessuali ed eterodissidenti.Vogliamo castruire iniziative e fare contro-informazione. Per questo vi chiediamo di condividere questo percorso a livello locale, regionale, nazionale in modo da essere più efficaci”.

Il Centro di documentazione Giorgio Bertani, in fondo, si inserisce appieno in questi percorsi, ritenendosi parte attiva nei processi di contro-iformazione che almeno dal 2000, con l’uscita di “Allarmi son fascisti”, a cura del Kollettivo Porkospino, si sviluppa nella nostra città.

Riprendendo il filo del nostro racconto quella lunga crociata arriva quindi fino ai giorni nostri, al Convegno mondiale delle famiglie che, ancora alla Gran Guardia, ha visto sfilare, alla fine di marzao del 2019, ministri italiani come l’ex vicesindaco veronese Lorenzo Fontana, capi politici della destra e dell’estrema destra di tutto il mondo, unitamente ai più beceri epigoni dell’integralismo cattolico, si ritrovarono oscurati dalla potenza di una protesta che portò a Verona più di 100mila persone!

Il consigliere Bertucco, nella veste in questo caso di capogruppo di Verona e Sinistra in Comune, e Benini, capogruppo del Partito democratico, hanno provato a riproporre al consiglio comunale la necessità di rimuovere la mozione omofoba, presentando, l’11 ottobre 2018, l’ordine del giorno n°505, che ricalca quello precedente. Ovviamente la giunta del sindaco Sboarina finge da circa tre anni di non rilevare l’impellente domanda di equità, rimandandone all’infinito la discussione.

Oggi, a risolvere la faccenda definitivamente sarà, speriamo, la presa di posizione di UNAR che in toglie le castagne dal fuoco sia alla maggioranza di centrodestra sia all’opposizione di centrosinistra.

I primi possono infatti sventolarla ai propri elettori più retrivi evidenziando l’”invito stringente” che non si può disattendere, mentre i secondi, nel caso vincessero le prossime elezioni amministrative del 2022, potrebbero fare altrettanto per superare l’eventuale ritrosia della loro stessa maggioranza, evitando di bissare la brutta figura fatta dall’amministrazione Zanotto a suo tempo, quando le richieste di annullare la mozione 336 da parte degli attivisti Lgbt furono rispedite al mittente per paura che la traballante giunta, sorretta anche dai voti dell’ex sindaco uscente Michela Sironi di Forza Italia, franasse alla prova del voto.

Senza la lettera dell’UNAR, ad esempio, una rimozione condotta dall’attuale sindaco sconfesserebbe il suo stesso programma, visto che in esso, accanto all’impegno d’intraprendere e sostenere iniziative in difesa della “famiglia naturale”, compare quello di ritirare dalle biblioteche pubbliche e da quelle scolastiche, i libri che promuovano le “teorie gender”.

Nel corso dell’articolo abbiamo nominato più volte questa teoria, ed è quindi il caso di svelare cosa si nasconda dietro questo nome così sibillino. La “teoria gender” è semplicemente un’invenzione delle destre per instillare sospetto e pregiudizio nelle famiglie affermando che la “potente lobby gay” si propone di “omosessualizzare” la società traviando in primo luogo i loro figli. I contorni delle azioni da definire immorali e immonde rimane in realtà interpretabile e duttile, in modo da poterli allargare a piacimento in modo da potervi includere le rivendicazioni di diritti, le attestazioni solidali e le testimonianze di normalità.

E’ con questo cavallo di Troia che, a pochi mesi dalla sua elezione, il sindaco Sboarina, sollecitato dal “Popolo delle famiglie” ha potuto censurare l’iniziativa organizzata dalla Fondazione S.Zeno, che intendeva organizzare, all’interno del Festival del Tocatì, presentare, nell’ambito della consolidata Kermesse della “Biblioteca dei libri viventi”, la presentazione di alcuni libri in testimonianza del diritto all’uguaglianza e della discriminazione alle quali le persone omosessuali sono invece sottoposte.

Si tratta, in fondo, dello stesso impianto che ha portato la giunta del sindaco a promuovere una mozione che dichiarava la contrarietà alla legge Zan, o, per essere ancora più concreti, che spinge alcuni consiglieri della maggioranza, tra i quali spicca il leghista Vito Comencini, ad interferire nelle decisioni del corpo docente o degli studenti stessi in occasione di assemblee di Istituto che trattino i temi legati all’omosessualità e all’omofobia.

La mozione 336, insomma, non è certo l’unica che può essere additata come lesiva dei diritti delle persone Lgbt, e per chi volesse approfondire quali siano le altre, consigliamo la lettura di un interessante articolo di Malora, dal titolo “Una storia di mozioni omofobe”.

Tornando alla specificità della mozione 336 e alla presa di posizione dell’UNAR, e allontanandoci per un momento dalle nostre disgressioni, quello che auspichiamo è che la missiva non rimanga lettera morta e che l’OdG di Bertucco e Benini, che ringraziamo per il loro impegno, sia finalmente approvato.

Resta però il rammarico, afferma ancora Gianni Zardini, del mancato riconoscimento del protagonismo rivestito dalle realtà Lgbt veronesi che in questi 27 anni non hanno solamente subito l’iniquità ma hanno lottato e contrastato le discriminazioni, a partire da quelle contenute nella mozione 336. Nessun organo di stampa o media mainstream ha chiesto loro un parere, quasi a relegarli, proprio come le giunte scaligere, in un cono d’ombra dal quale le loro voci non possano filtrare..Fa pensare che basti un richiamo dell’UNAR per risvegliare intorno alla mozione 336 un interesse ormai sopito ma che quando è il popolo che chiede giustizia la politica al potere fa finta di nulla come se quelle richieste non esistessero. C’è sicuramente un progetto di negazione alla base di una amministrazione fascista che non vuole riconoscere uno sbaglio commesso nel 1995 ma anche l’affermazione di una precisa direzione omofoba che non vuole essere cambiata.

Eppure la voce, all’interno a all’esterno delle mura scaligere, i gruppi Lgbt, tra i quali, è giusto dirlo, spicca il Circolo Pink, l’hanno alzata eccome!

La prima segnalazione all’UNAR, risalente a diversi anni fa, era stata fatta, purtroppo inutilmente, proprio dal Comitato Alziamo la Testa, nato a ridosso dell’approvazione della mozione 336.

Gli attivisti del Comitato, che la stessa sera del voto in Consiglio comunale avevano improvvisato un blocco stradale di protesta, venendo anche denunciati per questo, hanno provato a rivolgersi alle istituzioni europee e allo stesso Presidente della Repubblica.

Mentre tracciavano questo percorso ne misero in campo altri, come quello più diretto, riempiendo le piazze di Verona già il 30 settembre del 1995, e poi ancora nel 2001 e nel 2005, e ricordando comunque la ferita in ogni occasione.

Uimmagine della manifestazione del 30 settembre 1995

Il Comitato Alziamo la Testa, poi, denunciò i consiglieri comunali Padovani e Bertozzo e l’integralista Palmarino Zoccatelli, reo di aver diffamato la comunità omosessuale accostandoli ai pedofili. Nella sentenza di primo grado, l’11 marzo 1999, leggiamo in una nota del Circolo Pink, i tre furono riconosciuti colpevoli e condannati a risarcire le parti civili, tra le quali lo stesso Circolo e Arcigay/Arcilesbica Pianeta Milk, con la cifra di 50 milioni di lire cadauno. Nel ricorso in Corte d’Appello la sentenza deposta il 15 dicembre 2000 assolse Bertozzo e Padovani e mantenne invece la condanna nei confronti di Palmarino Zoccatelli, riducendo il risarcimento dovuto al Circolo Pink a 30 milioni di lire, soldi peraltro mai riconosciuti all’associazione Lgbt.Quella sentenza fu però molto importante anche perché, forse per la prima volta in Italia, vittima di reato veniva riconosciuta un’intera categoria di persone, come la comunità omosessuale, e non un soo individuo, come era stato fino a quel momento. Grazie a questa motivazione fu possibile deliberare il risarcimento alle associazioni che in quel francente rappresentavano l’intera comunità offesa.

In conclusione desideriamo citare un’ultima mozione, che in questo caso non viola i diritti delle persone, ma prova ad intimidire le persone che quelle violazioni le raccontano e ne scrivono, suscitando preoccupazione e indignazione in tutta Italia. La 1352, depositata da Andrea Bacciga il 4 novembre 2019, “impegna il sindaco, l’assessore e gli Uffici legali del Comune a diffidare legalmente e/o adire alle vie giudiziarie nei confronti di tutti coloro che attaccano Verona diffamandola ingiustamente”.

Quella mozione, che alleghiamo qui sopra, non è mai stata discussa ed è addirittura scomparsa dall’elenco contenuto nel portale del Comune di Veona.

Evidentemente qualche collega del consigliere Bacciga, oggi a processo per essersi esibito in un saluto fascista durante una sessione del Consiglio comunale, ha pensato bene di far venire a più miti consigli l’avvocato, per evitare che una simile mozione possa essere presa sul serio e utilizzata davvero contro chi diffama Verona e la copre di vergogna troppo spesso: i suoi stessi amministratori!

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Andrea Nicolini
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